Quando in Italia si facevano i computer - cover

Quando in Italia si facevano i computer

Giorgio Garuzzo

  • 07 november 2015
  • 9788893214278
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Samenvatting:

Grazie alla lungimiranza di Adriano Olivetti negli anni 1950 e 1960 l’Italia sviluppò una propria industria dei grandi computer elettronici, ottenendo eccellenti risultati con la gamma “Elea”, avanzata e competitiva con i concorrenti americani. La scomparsa prematura dei creatori dell’impresa e l’insipienza del mondo imprenditoriale e finanziario italiano pose fine a quella straordinaria intrapresa. Con gli stessi progettisti italiani, General Electric, erede del sogno Olivetti, realizzò in Italia gli elaboratori GE 115 e GE 130, distribuiti in tutto il mondo. L’Autore di questa autobiografia, allora giovane progettista al lavoro nei grandi centri di ricerca di Borgolombardo e Pregnana, descrive azienda, macchine e protagonisti di quel periodo d’oro dell’elettronica informatica italiana. Il testo si pone come la continuazione, ma a ritroso nel tempo, del libro, anch’esso autobiografico, che l’Autore scrisse sulla Fiat degli anni 1976-1996 (“Fiat - I segreti di un’epoca” reperibile come e-book). Usando il medesimo approccio narrativo, non si esime dal toccare anche temi scottanti, denunciando senza remore le debolezze dell’oligarchia finanziaria del Paese che condusse all’abbandono del settore, e delinea i grandi temi socio-economici del tempo, dal “miracolo economico” con l’emigrazione di massa dal sud e dalle montagne, fino all’ “autunno caldo” del 1969. Si spinge fino a valutare quanti guai avrebbero potuto essere risparmiati all’Italia se l’illuminata visione di un capitalismo etico e moderno, come propugnato da Adriano Olivetti, avesse prevalso, invece della miope speculazione di industriali e finanzieri e del parassitismo dirigistico di sindacalisti e politici. Il ciclo storico si conclude idealmente con l’ultimo capitolo che racconta della cessione della telefonia Olivetti, che l’Autore visse nel 1996 da vice-presidente dell’azienda d’Ivrea guidata da Carlo De Benedetti, ormai prossima alla fine.

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